Solarium – Fourteen Artellaro
Installazione site specifics all’interno della rassegna “La superficie accidentata”
a cura di Gino D’Ugo
L’ottavo appuntamento della terza rassegna di Fourteen è con l’artista Iginio De Luca che con l’installazione SOLARIUM utilizza lo spazio come serra che non preserva, edicola floreale che si fa edicola sacra della rappresentazione attraverso l’immagine della caducità delle cose. La superficie accidentata in questa installazione si fa memento mori, e dialogo tra sacro e profano.
Questo è un atto realistico ed inquietante che discute con l’idea dell’inamovibile attraverso la manipolazione e con falso mito dell’eterna bellezza come costruzione del corpo.
“LA VITA IN DIVENIRE”
Testo di Mariavelia Chiara Siciliano
Ad osservare Solarium di Iginio De Luca lo sguardo comincia presto ad interrogarsi su ciò che sfugge, a cercare ciò che manca, quel qualcosa che non riesce subito a cogliere.
L’osservatore è posto di fronte ad un’immagine la cui fissità non è persuasiva e per questo resta in attesa di registrare un cambiamento che sente debba arrivare.
“Chi dovesse scrivere la storia del paesaggio si troverebbe subito senza soccorso, in balia di una cosa che a lui è incomprensibile, estranea, lontana. Che noi siamo abituati alle forme umane, e il paesaggio non ne ha una; noi siamo abituati a pensare dietro ogni gesto un atto di volontà, e il paesaggio non vuole, anche se si muove.” La riflessione del poeta Rilke sul rapporto privo di familiarità tra l’uomo e la natura nell’arte occidentale sottende ai modi dello strutturarsi del rapporto io-mondo, in un’analisi del soggetto che trasforma la natura, che interviene su di essa oggettivandola, manipolandola, per asservirla ai fini precostituiti. La natura, tuttavia, “si muove” e in questo tentativo di riduzione dell’eccedenza, non nasconde allo sguardo dell’osservatore il suo movimento perpetuo, indipendente ed indomabile, che la volontà del soggetto non può piegare, non può tacere. In vetrina l’artista non espone una natura morta ed ecco svelato ciò che il nostro occhio attende: “scorgere il movimento vitale dei fiori”.
De Luca, dietro la costrizione spaziale che vuole ridurre ad una lettura frontale e quasi riassorbire ad una bidimensionalità fotografica la sua narrazione, coglie esplicitamente questo divenire della natura e dichiara uno stridente superamento di una messa in scena ferma, misurabile, artificiale di una vetrina illuminata al neon con una composizione floreale precisa e ben studiata, per restituire il dinamismo incontrollabile, l’eccedenza della natura stessa, in questo caso dei fiori. Quest’eccedenza, che segna l’intimo movimento della natura, impedisce che la si possa fermare in un’immagine definitiva, così De Luca racconta, attraverso il visibile, l’invisibile, attraverso il movimento dello sfiorire, le forze costitutrici della natura stessa. Dall’artificio di una vetrina, allestita sotto la luce bianca che arriva da corrente elettrica, è messa in scena l’essenza delle cose, la forza dei fenomeni naturali. Ancora dall’oggetto statico, costruito e fissato come parte immobile di una quinta teatrale, l’artista porta in scena il naturale ed inarrestabile ritmo perpetuo della vita, in cui l’oggetto si fa soggetto narrante. L’attenzione dell’osservatore vive uno slittamento dal “prodotto” artistico al “processo” artistico dei fiori in lenta trasformazione che emerge come parte del movimento precostituito dell’universo e diventa il vero soggetto dell’istallazione. Siamo ben lontani da una contemporanea rappresentazione di una natura morta. Possiamo immaginare che l’artista abbia voluto riflettere sul misconoscimento comune che lega l’uomo alla natura, sottolineandone l’incessante divenire, il trasformarsi della materia che non può essere gestito da alcuna volontà estranea alle sue stesse leggi, rappresentando visivamente il concetto nietzschiano secondo il quale «La natura non conosce nessuna forma o concetto, né genere alcuno, bensì soltanto una X per noi inaccessibile e indefinibile»
Il Solarium di Iginio De Luca è in tal senso una vetrina illuminata sulle forze invisibili che operano nella parte visibile dei fiori esposti. Questo incontro dell’artista con la natura implica il riconoscimento completo del libero fluire e trasformarsi della materia, della vita che non esclude la morte, che non si pone agli antipodi di questa e che anzi viene compenetrata da questo sentimento di caducità, di finitezza. All’artista “tocca amare il mistero”, scrive ancora Rilke, perché l’arte è “amore che si riversa sul mistero” e De Luca si lascia sedurre dalla rappresentazione disincantata di questo movimento e dei suoi segreti meccanismi ineluttabili. Non c’è rottura, non c’è trapasso tra un prima e un dopo in questa sua istallazione che inscena altresì il moto continuo che lega l’origine e la fine. Attraverso un sentimento circolare del tempo, che mette in contatto la vita e la morte come passaggi fluidi dell’esistenza, l’artista restituisce questo transito in cui gli opposti permangano in uno stato di equilibrio.
Non espone De Luca l’origine e lo sfiorire di un fiore, ma “la coincidenza di essere e di senso” che il fiore racconta con ogni fotogramma del suo divenire, in una narrazione serena dell’esistenza, dello scorrere del tempo. Il lento appassire dei fiori esposti, senza alcuna sublimazione formale, porta la riflessione sulla finitezza della vita, sulla consapevolezza della morte, sulla precarietà d’ogni passaggio. “L’esistenza è in realtà un tempo imperfetto che non diventa mai un presente” afferma il giovane Nietzsche indagando l’apertura al senso d’ogni cosa dischiusa dalla nostra memoria e i fiori in vetrina di De Luca raccontano questo fluire incessante, questa vita in divenire, la sua effimera e tragica impermanenza.
L’artificio convive con la natura, la vita con la morte, il presente sottende il futuro della decomposizione floreale esposta al neon e tutto rimanda a un sentimento nostalgico sulla labilità del tempo, in una poetica lontana dalla retorica in cui il peso dell’esistenza è tenuto dallo stelo delicato di un fiore. Nel divenire della forma troviamo in questa istallazione una delicata rappresentazione del “pànta rhei” eracliteo, insieme con la dottrina dei contrari su cui si fonda la realtà, il logos indiviso, la legge universale della natura. In questa concezione dialettica della realtà, nell’interazione dei principi contrapposti dall’artista “artificio/natura”, “visibile/invisibile”, “vita/morte”, “passato/futuro”, in cui il “divenire” è la condizione necessaria dell'”essere”, Solarium rappresenta l’equilibrio raggiunto tra i contrari e il medium che lo racconta è “il tempo” percepito nel suo incessante andare, attraverso le poche ore concesse ai fiori di spandere il loro profumo al di la della vetrina. Tornano ad incontrarsi coppie di opposti che diventano cifra stilistica costante nella produzione dell’artista il quale, in opere autobiografiche di forte impatto empatico come Autofocus, fonde, sovrappone, intreccia l’immagine del suo volto con quello dei genitori scomparsi ed, esorcizzando la ferita della perdita, restituisce al presente un senso nuovo del tempo in cui si rincorrono passato e futuro, vita e morte, presenza ed assenza in una realtà visiva dinamica, fluttuante, in una narrazione identitaria, restituita dalla propria storia familiare, eternizzata in un’immagine in cui il molteplice diventa unità e le intersezioni di tempo passato e presente sono insieme fermate nel futuro dai ritratti fotografici.
Solarium – Fourteen Artellaro
Site-specific installation within the exhibition “La superficie accidentata”
Curated by Gino D’Ugo
The eighth event of the third exhibition of Fourteen is with the artist Iginio De Luca, who with the installation SOLARIUM uses the space as a greenhouse that does not preserve, a floral shrine that becomes a sacred shrine of representation through the image of the transience of things. The accidental surface in this installation becomes a memento mori, and a dialogue between the sacred and the profane.
This is a realistic and disturbing act that discusses the idea of the immovable through manipulation and the false myth of eternal beauty as a construction of the body.
“LIFE IN BECOMING”
Text by Mariavelia Chiara Siciliano
Observing Solarium by Iginio De Luca, the gaze soon begins to wonder about what escapes, to look for what is missing, that something that it cannot immediately grasp.
The observer is placed in front of an image whose fixity is not persuasive and therefore remains waiting to record a change that he feels must come.
“Anyone who had to write the history of the landscape would immediately find himself helpless, at the mercy of something that is incomprehensible to him, strange, distant. That we are used to human forms, and the landscape does not have one; we are used to thinking behind every gesture an act of will, and the landscape does not want, even if it moves.”
The poet Rilke’s reflection on the unfamiliar relationship between man and nature in Western art underlies the ways in which the I-world relationship is structured, in an analysis of the subject that transforms nature, that intervenes on it by objectifying it, manipulating it, to enslave it to pre-established purposes. Nature, however, “moves” and in this attempt to reduce excess, it does not hide from the observer’s gaze its perpetual, independent and indomitable movement, which the subject’s will cannot bend, cannot silence. In the window, the artist does not exhibit a still life and here is revealed what our eye awaits: “to see the vital movement of flowers”. De Luca, behind the spatial constriction that wants to reduce his narration to a frontal reading and almost reabsorb it to a photographic bidimensionality, explicitly grasps this becoming of nature and declares a strident overcoming of a fixed, measurable, artificial staging of a neon-lit window with a precise and well-studied floral composition, to restore the uncontrollable dynamism, the excess of nature itself, in this case of flowers.
This excess, which marks the intimate movement of nature, prevents it from being stopped in a definitive image, so De Luca tells, through the visible, the invisible, through the movement of fading, the constitutive forces of nature itself.
From the artifice of a window, set up under the white light that comes from electric current, the essence of things is staged, the force of natural phenomena. Again from the static object, built and fixed as an immobile part of a theatrical backdrop, the artist brings to the stage the natural and unstoppable perpetual rhythm of life, in which the object becomes the narrating subject.
The observer’s attention experiences a shift from the artistic “product” to the artistic “process” of the slowly transforming flowers that emerges as part of the pre-established movement of the universe and becomes the true subject of the installation. We are far from a contemporary representation of a still life.
We can imagine that the artist wanted to reflect on the common misrecognition that links man to nature, underlining its incessant becoming, the transformation of matter that cannot be managed by any will extraneous to its own laws, visually representing the Nietzschean concept according to which “Nature knows no form or concept, nor any kind, but only an X for us inaccessible and indefinable”
In this sense, Iginio De Luca’s Solarium is a window illuminated on the invisible forces that operate in the visible part of the exposed flowers. This encounter of the artist with nature implies the complete recognition of the free flowing and transforming of matter, of life that does not exclude death, that does not stand at the antipodes of it and that is indeed permeated by this feeling of transience, of finitude.
To the artist “it is up to love the mystery”, writes Rilke again, because art is “love that pours itself out on the mystery”3 and De Luca lets himself be seduced by the disenchanted representation of this movement and its secret ineluctable mechanisms.
There is no break, no passage between a before and an after in this installation of his which also stages the continuous movement that links the origin and the end.
Through a circular feeling of time, which connects life and death as fluid passages of existence, the artist restores this transit in which opposites remain in a state of equilibrium. De Luca does not exhibit the origin and fading of a flower, but “the coincidence of being