Il Papa macchiato

  • 2010

 

Il Papa macchiato

Video proiezione di Papa Ratzinger con la veste macchiata
Roma, venerdì 8 ottobre 2010, ore 22.00

Come una sorta di via Crucis la notte di venerdì 8 ottobre ho proiettato sui muri e sui monumenti di Roma Papa Ratzinger con la veste macchiata di unto. Di unto e non di sangue o di altri liquidi non ben identificabili.
Il Papa ha fatto il suo tour notturno illuminando la città: da Piramide alle mura Aureliane, da Porta Portese a S. Maria in Cosmedin e al Vittoriano, fino a Porta Pia e all’Ara Pacis, per concludere in via della Conciliazione con capolinea in piazza S. Pietro, colonnato di sinistra. È come se gli intonaci e le pietre di Roma quella notte avessero fatto affiorare un messaggio, trasudando un’immagine “sbagliata” profondamente debole e macchiata.
Macchie di olio, macchie di cucina, macchie di cibo insomma, perché, che si voglia o no, anche il Papa mangia e mangiando si sporca, nonostante in noi regni la sua icona plastificata e moltiplicata e non l’uomo, il corpo, con tutti i suoi bisogni. Un Papa che è come un bambino che non bada bene a se stesso e si lascia gocciolare il sugo sulla veste.
La macchia è il caso, il quotidiano, l’imprevisto, il non voluto che prende il sopravvento sull’etichetta, sull’immagine inviolabile e invalicabile, candida e pura.
In fase di elaborazione digitale, pensavo non fosse possibile neanche a livello informatico “ri-toccare” il Papa, profanarne il bianco con Photoshop e scavalcare un limite; evidentemente, la tecnologia è più democratica e permissiva del previsto!
Sporcare il bianco quindi, un bianco “omertoso” perché copre, un bianco irreale e distante: il bianco per me è offensivo nei confronti della gente comune, è un candore irreale, non è terreno, è distante dalla vita vera, manca di rispetto al genere umano e non si interessa ai suoi problemi, è su un altro piano percettivo. Nel momento in cui si vedono le macchie ecco che tutto ciò cambia: è come se le macchie fossero sempre esistite e ora, non si sa bene perché, cominciano ad affiorare e ad essere visibili.
Anche qui l’azione è stata “a salve”, epidermica e non ha violentato concretamente nessuna struttura pubblica, nessun muro. La video proiezione è efficace e nulla al contempo, basta accendere e spegnere un tasto e tutto appare o si dissolve, come in un sogno. La mia è un’immagine che presuppone sempre altro, ciò che sta dietro, che si deduce, qualcosa che viene invocato per mancanza, per sottrazione e allusione metaforica.

 

“The Pope Stained”

Video projection of Pope Benedict with a stained robe
Rome, Friday, October 8, 2010, 10:00 PM

Like a sort of Via Crucis, on the night of Friday, October 8, I projected onto the walls and monuments of Rome Pope Benedict with his robe stained with grease. Grease, and not blood or other unidentified liquids.
The Pope made his nightly tour illuminating the city: from Piramide to the Aurelian walls, from Porta Portese to Santa Maria in Cosmedin and the Vittoriano, to Porta Pia and the Ara Pacis, concluding on Via della Conciliazione with the endpoint in St. Peter’s Square, on the left colonnade. It’s as if the plaster and stones of Rome that night had brought forth a message, exuding a deeply flawed and stained “wrong” image.
Stains of oil, kitchen stains, food stains in short, because, whether we like it or not, even the Pope eats and eating he gets dirty, despite in us reigning his plasticized and multiplied icon and not the man, the body, with all its needs. A Pope who is like a child who does not take good care of himself and lets the sauce drip onto his robe.
The stain is chance, daily life, the unexpected, the unwanted that takes precedence over etiquette, over the inviolable and unassailable image, pure and candid.
During digital processing, I thought it wasn’t even possible on a computer level to “retouch” the Pope, profane his white with Photoshop and cross a boundary; evidently, technology is more democratic and permissive than expected!
Soiling the white, then, a “silent” white because it covers, an unreal and distant white: white for me is offensive to ordinary people, it is an unreal purity, it is not earthly, it is distant from real life, it lacks respect for the human race and does not care about its problems, it is on another perceptual plane. When you see the stains, everything changes: it’s as if the stains have always existed and now, for some reason, they begin to surface and become visible.
Even here the action was “harmless”, epidermal and did not concretely violate any public structure, any wall. The video projection is effective and at the same time, nothing, just turn on and off a button and everything appears or dissolves, like in a dream. Mine is an image that always presupposes something else, what is behind, that is deduced, something that is invoked for lack, for subtraction and metaphorical allusion.